Scrivere di Cioran non può che essere una confessione. Una confessione che Nicola non teme, come solo coloro che portano Cioran con sé ovunque, dentro di sé, sanno dichiarare. Che Cioran è per lui «bussola» nel mare aperto delle parole, incantatrici come sirene, nella paura di cadere con tutte le parole. E non a caso sono i luoghi dove Cioran si concentra sulle parole quelli che – non più sirene, ma muse, finalmente – parlano a Nicola. E il paradosso – forse il fulcro di tutti i paradossi cioraniani perché è il suo manifestarsi in parole contro le parole – riguarda appunto la lingua: nessuna anatomia del verbo, che pure si fece carne – perché la Genesi si ode anche qui, dove apparentemente è più lontana (per
lui il Paradiso è il luogo in cui non si parla, l’universo prima del peccato, prima del commento) –, perché le parole di tale verbo sono il peccato, perché «tutto ciò che non è diretto è nullo».
dalla prefazione di Mattia Luigi Pozzi
Gli Alberi “Saggi” n. 22
Rassegna stampa
Orizzonti culturali italo-romeni
La Gazzetta del Mezzogiorno – 18 gennaio 2018
Gian Ruggero Manzoni
Neobar
Diario di un fantasma (Pietro di Gennaro)